In quest’ambito possiamo distinguere
a) Il settore farmaceutico per i quali, accanto ad organismi nazionali nei singoli paesi (in Italia l’Agenzia Italiana del Farmaco), a livello europeo l’attività è coordinata dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA).
b) Il settore dei dispositivi medici, per i quali sono state pubblicate 2 Direttive:
– Direttiva Dispositivi Medici 93/42/CE (aggiornata dalla 2007/47/CE)
– Direttiva 98/79/CE Diagnostici “in vitro”.
Queste Direttive fissano le condizioni per l’immissione sul mercato di una ampia ed articolata gamma di prodotti utilizzati nel settore sanitario, seguendo peraltro il medesimo approccio adottato a livello generale per l’armonizzazione dei mercati.
Anche per i dispositivi medici, ovunque possibile, il legislatore delega le aziende ad agire autonomamente per soddisfare i requisiti essenziali della Direttiva; peraltro:
– a fronte di una casistica assai ampia di possibili impieghi, assai rilevante è la questione della classificazione del prodotto
– l’applicazione può rivestire facilmente carattere di criticità e quindi è più frequente la necessità di ricorrere all’intervento di controllo dell’Organismo Notificato
– a fronte della specifica situazione l’azienda può scegliere una completa articolazione di procedure (i cosiddetti moduli) per dimostrare la conformità del prodotto ai requisiti essenziali.
Compito essenziale dell’azienda è anche qui la costituzione del fascicolo tecnico che, oltre alla documentazione più strettamente inerente le caratteristiche del prodotto (analoga a quella per i prodotti del settore industriale), comprende studi ed indagini di carattere clinico, volti ad avvalorare l’efficacia dell’azione esercitata dal dispositivo e a identificare eventuali controindicazioni.
Specifica in questo senso è la metodologia di analisi dei rischi, basata sulla norma EN 14971, imperniata sul concetto di gestione del rischio secondo il criterio ALARP (As Low As Reasonably Practicable) facilmente traducibile in: rischio basso quanto ragionevolmente possibile.